di Paolo Bonacini, giornalista
È un fiume in piena Massimo Colosimo, l’uomo di ‘ndrangheta della cosca Trapasso, alleata con i Grande Aracri, divenuto collaboratore di giustizia e chiamato a deporre in questa veste al processo Grimilde di Reggio Emilia.
La sua storia e le sue relazioni, di cui abbiamo parlato, ne fanno un soggetto utile a comprendere quali fossero gli equilibri in regione, e in particolare tra Reggio e Parma, negli anni immediatamente precedenti gli arresti di Aemilia. Ma anche a capire come si mossero gli uomini liberi della cosca Grande Aracri/Sarcone quando i capi storici finirono in carcere. Almeno fino al 2016, quando anche Colosimo venne arrestato dalla Squadra Mobile di Catanzaro.
I soldi che giravano con le attività illecite erano tanti e Colosimo, dalla provincia di Parma in cui risiedeva, ne maneggiava una bella fetta:
“Io gestivo aziende, come la ADFS srl e la Rio srl, che fatturavano un milione al mese, e noi ci prendevamo tutti i soldi dell’Iva perchè facevamo le lettere di intenti e poi non la pagavamo, non pagavamo la luce, e avevamo un introito di 500, 600mila euro netti al mese che ci dividevamo in tre”, racconta Colosimo alla Corte rispondendo alle domande del PM Beatrice Ronchi.
Nei capannoni ad Alessandria di una di quelle aziende, la ADFS, c’è una Ferrari F-12 appena comprata che vale 150mila euro e non rappresenta un costo ma un altro modo per guadagnare: “Perché la compriamo con un leasing; dopo qualche rata il leasing non lo paghiamo più; rivendiamo l’auto per 70/100mila euro e intanto presentiamo una denuncia per furto”. Semplice no?
Ma questi guadagni dei Trapasso fanno gola anche ai Grande Aracri: “Cosa è successo? È successo che Salvatore Grande Aracri, con il suo solito modo di fare, che doveva mangiare anche lui e guadagnare anche lui, mi avvicinò e mi disse: Vedi come facciamo, ma fammi guadagnare qualcosa”.
È in quel periodo che Salvatore, figlio di Francesco Grande Aracri e come lui residente a Brescello, parla a Colosimo dell’ex presidente del consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso: “Guarda che ho delle persone che hanno agganci politici, agganci nelle Dogane, agganci di tutto quello che vogliamo a Piacenza, possiamo fare piovere e scampare, perché questi appartengono a noi e fanno tutto quello che gli diciamo”.
Colosimo conosce Caruso in un incontro voluto da Salvatore al ristorante Arte & Gusto in via Emilia a Parma, e dice dell’ex esponente di Fratelli d’Italia: “A lui gli piace, si vantava di quello (di lavorare con i Grande Aracri), si presentava come appartenente alla cosca. Lui lavorava alle Dogane, so, a Piacenza, aveva gli agganci alle Dogane. Mo’ non mi ricordo cos’era, assessore, comunque una roba del genere. Però era uno che aveva agganci sia a livello politico, aveva le porte spalancate dappertutto, perché era tipo un colletto bianco, dai… poteva andare dove voleva, poteva”.
Dal 2013 al 2016 Colosimo gestiva un bar a Fornovo e una marmeria a Reggio Emilia. Nel bar assume una ragazza che ha una relazione con Domenico Benvenuto, uomo che si vantava di appartenere alla cosca Grande Aracri, e siccome lei non pare prendere sul serio il lavoro, nascono problemi che ci aiutano a capire come si muoveva in quegli anni la cosca. Perché Domenico interviene in difesa della ragazza e si presenta al bar con la sua Lamborghini arancione. Ma Colosimo non si lascia intimidire: “Ascolta una cosa, gli ho detto in calabrese, fatti gli affari tuoi, lo traduco così per non essere volgare, e stai al tuo posto. Però, siccome poi insisteva e mi continuava a fare i nomi di Ernesto, di Salvatore e di compare Franco Grande Aracri, e patapì e patapà, io gli ho detto: Ascolta Dome’, la mia famiglia non è seconda nessuno, guarda che un giorno o l’altro ti sparo una botta in testa e ti ammazzo. Poi ho portato il problema all’interno della cosca e ho detto: che devo fare con questo, l’aiu ammazzare? E lì sono intervenuti Giovanni Trapasso, e Leonardo e Tommaso, che mi hanno detto: Ci rivolgiamo noi a Franco (Francesco) Grande Aracri, in modo che mette a posto la situazione”.
Ho imparato che non si litiga con Francesco, aggiunge Colosimo, perché “È il fratello di Nicolino ‘man e gomma’. È nel territorio reggiano da tantissimi anni, gestisce tante attività nel reggiano. È una persona che il fratello giustamente l’ha tenuto sempre dietro alle quinte. È anche lui una persona che è guardinga e non si è mai esposto, ma a livello di forza di ‘ndrangheta, a livello di parola, ha il suo peso… In Emilia i vari referenti, come Alfonso Diletto ‘la scimmia’, ‘il testone’ Franco Lamanna, se si troverebbero seduti a un tavolo, e sono capi di ogni città o referenti, e ci sarebbe seduto a quel tavolo Francesco Grande Aracri, comanda Francesco Grande Aracri. Anche gli altri capi lo sanno, questo è quello che è Franco Grande Aracri, il potere che ha. Dopo Nicolino vengono i fratelli, che lui ed Ernesto hanno voce in capitolo, senza di loro non si muove una foglia, questa è la verità”.
Poco dopo Colosimo precisa ancora meglio il ruolo dei Grande Aracri di Brescello all’indomani degli arresti del gennaio 2015: “L’unica famiglia che era rimasta fuori è Francesco e Salvatore Grande Aracri e hanno ripreso in mano le redini degli affiliati che hanno in giro, perché affiliati ce ne sono, ce ne sono una valanga. Nel momento degli arresti si è riorganizzato. Come? Nel senso che tutte le persone rimaste fuori affiliate, alcune che conosco e alcuni che non conosco, si rivolgevano a Franco Grande Aracri e a Salvatore Grande Aracri per cose molto importanti. Salvatore ‘u calamaru’ si è riorganizzato mettendosi vicino a Mimmo ‘u cupidu’ Spagnolo, a Bologna Claudio, poi c’era un certo Muto, che era un signore piccolino che era sempre insieme a lui, poi c’era il nipote di Alfonso Diletto, di Brescello, perché al bar di via Baganzola, che è un bar che Alfonso Diletto ha comprato, lì veniva il nipote a più riprese per vedere come andava l’andamento del bar”.
La forza della famiglia di ‘ndrangheta insediata a Reggio Emilia emerge anche in altri territori e in relazione ad altri boss della mafia calabrese. Colosimo è amico di Michele Bolognino ed è in auto con lui quando incontrano Rocco Femia, capo dell’organizzazione che taroccava le slot machine, processato a Bologna in “Black Monkey”. Era una X6 bianca, che Bolognino aveva portato alla Bmw per farla sistemare: “…E i meccanici ci hanno detto, perché avevamo conoscenze: Guardate che nella macchina vi hanno montato la cimice col GPS. E in effettivi ce l’hanno fatta vedere, infatti tutto il viaggio abbiamo parlato di tutto tranne che di quello che dovevamo fare, siamo stati belli riservati”.
Ma Colosimo sopra di tutti vede sempre i Grande Aracri : “Tutti i lavori che sono stati effettuati nel reggiano, in Lombardia, in Veneto, dovunque si presenta Franco Grande Aracri, chi si mette contro? I lavori li piglia lui, li piglia, perché è Grande Aracri, c’è poco a che a fare. Cioè, a livello di ‘ndrangheta dovunque si presentano hanno le porte aperte, contro non si mette nessuno. C’erano anche paesani suoi di Cutro che parecchie volte hanno dovuto desistere a prendere appalti perché si presentavano loro, ma se si permettevano a fare un passo falso li ammazzavano, perché Grande Aracri non scherza. La cosca Grande Aracri non scherza, è una cosca feroce e gliele fa pagare, le male azioni le pagano. Sai a quanti paesani gli sono stati tirati via i lavori? Oppure andiamo a vedere quante volte gli sono stati bruciati i mezzi, i cantieri e le cose. Gli venivano bruciati perché andavano a toccare dove non doveva toccare”.
A rischio finisce anche lo stesso Massimo Colosimo, quando se la prende con uno che ha cercato di truffarlo, senza sapere che questi è amico dei Grande Aracri: “Avevo rilevato il bar e mi servivano delle attrezzature. Questa persona mi dice: non ti preoccupare, conosco un rivenditore a Reggio Emilia che te le fa pagare la metà. Mi sono fidato e gli ho dato i soldi ma le attrezzature non arrivavano. Monti e monti non si incontrano mai, ma fronte e fronte s’incontrano sempre. Quando l’ho preso gli ho fatto una scarica di mazzate… che Salvatore Grande Aracri poi mi ha chiamato: che è successo? E mi ha detto: lascialo stare per favore: fallo pe’ mie, appartiene a noi”.
In cambio Grande Aracri autorizza Colosimo a svuotare la cassa di un night club di Parma controllato dalla ‘ndrangheta, vicino agli stabilimenti di un altro uomo di ‘ndrangheta emerso nel processo “Stige”: l’imprenditore Franco Gigliotti. “Vabbò…” dice Salvatore soprannominato Il Calamaro a Massimo Colosimo, “…piati i soldi e ba’. Non lo picchiare più per favore”.
Ci sono altri racconti interessanti nella deposizione di Massimo Colosimo, ma il passaggio forse più significativo è quando il collaboratore di giustizia fa notare, inconsapevolmente, a danno (anche) di chi si produce l’arricchimento delle mafie al nord: “La famiglia Grande Aracri possiede un impero, o possedeva, quello che vuoi. Non sono gli ultimi arrivati e quindi di beni ce ne avevano non tanti, ma tanti, tanti, tanti, tanti… E invece ci sono cutresi che sono trent’anni che sono al Nord e non hanno neanche i pantaloni da mettersi addosso”.
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