Verità per Giulio Regeni

RACCOLTA FIRME PER I REFERENDUM POPOLARI SUL LAVORO

LA CGIL PROMUOVE UNA CAMPAGNA ASSEMBLEARE NELLE AZIENDE:GIA’ CALENDARIZZATE 150 ASSEMBLEE

La campagna di raccolta firme per proporre quattro quesiti referendari sul lavoro partita lo scorso 25 Aprile con la firma del Segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a Casa Cervi entra sempre più nel vivo.
Sotto il claim “Per il lavoro ci metto la firma oltre a numerosi banchetti di raccolta allestiti quotidianamente nei mercati e nelle sedi della Cgil in città e in Provincia è ai blocchi di partenza una straordinaria campagna assembleare nelle aziende del nostro territorio con già 150 assemblee in calendario per le prossime settimane.

“Uno sforzo organizzativo e un impegno straordinario che sta coinvolgendo la Cgil tutta per raggiungere e informare il maggior numero di cittadini possibili raccogliendo firme consapevoli in tutti quei contesti, dai luoghi di aggregazione a quelli di lavoro, dove è possibile parlare con le persone, che nella maggior parte dei casi dimostrano grande interesse e sensibilità verso le materie oggetto di referendum : in questo senso oltre alla nostra presenza nelle piazze un capillare giro di assemblee nelle aziende ha lo scopo di portare i temi del referendum direttamente tra i lavoratori e le lavoratrici, creando momenti di confronto e approfondimento ad hoc” – si legge nella nota della Camera del Lavoro.

Mentre è sempre accessibile la piattaforma digitale on line attraverso la quale, chi è in possesso di Spid, può autonomamente firmare in pochi clic collegandosi a questo sito https://www.cgil.it/referendum .
I quattro quesiti referendari si prefiggono, nella loro totalità, di raggiungere l’obiettivo di rivedere quelle norme di legge che in questi anni hanno precarizzato e svilito il lavoro.

Quattro firme per promuovere un referendum popolare abrogativo, nel 2025, che servirà a a scardindare quei provvedimenti che impediscono nel nostro Paese il pieno diritto ad un lavoro dignitoso, tutelato, giustamente retribuito, sicuro e di qualità.

“Temi che sembrano complessi o tecnici, e in parte lo sono, ma che in realtà parlano della vita quotidiana e concreta delle persone – spiega la Cgil – Hanno cioè un riverbero immediatamente riscontrabile in tutti quegli aspetti del lavoro, che tanta parte occupa nella vita delle persone, dove la presenza o meno di una norma di legge ha fatto e fa la differenza tra un lavoro di qualità e un lavoro invece depreziato e poco tutelato”.

NELLO SPECIFICO I QUATTRO QUESITI:

1. CANCELLARE IL JOBS ACT – TORNARE ALL’ARTICOLO 18 PER TUTTI
Il decreto che si vuole abrogare è quello che ha escluso la possibilità per il lavoratore di essere reintegrato in caso di licenziamento illegittimo: ha diritto solo a un indennizzo che viene stabilito esclusivamente in base agli anni di servizio nell’azienda (elemento peraltro dichiarato incostituzionale dalla Consulta).
Il cosiddetto contratto a tutele crescenti ha dunque precarizzato il lavoro e tolto tutele al lavoratore: chiunque assunto dopo il 2015 (quindi per lo più i giovani), o chi ha cambiato lavoro successivamente, ha diritto a un mero risarcimento economico qualora un giudice stabilisca che un eventuale licenziamento sia stato immotivato.

2. CANCELLARE IL TETTO MASSIMO ALL’INDENNIZZO IN CASO DI LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO NELLE AZIENDE PICCOLE E MEDIE
Con il secondo quesito siamo nell’ambito delle aziende al di sotto dei 15 dipendenti. Piccole e medie. Se un lavoratore viene licenziato, va dal giudice e dimostra che il suo è stato un licenziamento illegittimo, la legge (604 del 1966) prevede la riassunzione o l’indennizzo. Il referendum della Cgil chiede di abrogare le norma che mette un tetto massimo all’indennizzo che è di 6 mensilità, maggiorabile dal giudice fino a 10 mensilità per il lavoratore con anzianità superiore a 10 anni, e fino a 14 per quello con più di vent’anni. Alzare il tetto massimo può essere un deterrente ai licenziamenti illegittimi.

3. CANCELLARE L’ABUSO DEL CONTRATTO A TERMINE
Il terzo quesito riguarda il contratto a termine e vuole intervenire sulle norme che ne hanno liberalizzato l’uso da parte delle aziende, fino al ricorso dilagante che se ne fa: basti dire che secondo l’Istat sono 3 milioni gli occupati a termine in Italia e sono impiegati in tutti i settori, nel privato come nel pubblico. Con il referendum si vuole abrogare le norma che consente di stipulare contratti a temine anche senza alcun motivo visto che, per definizione, un’azienda dovrebbe stipulare contratti a termine perché ha esigenze temporanee da soddisfare: sostituzioni maternità, picchi produttivi, stagionalità e così via. Oggi invece le imprese possono attivare per un anno, in forza di legge, questi contratti senza alcuna ragione verificabile e, trascorso l’anno senza vincoli di conferma.

4. CANCELLARE LA DERESPONSABILIZZAZIONE DELLE AZIENDE COMMITTENTI NEL CICLO DEGLI APPALTI
Per il quarto quesito siamo nel campo degli appalti e in particolare della sicurezza negli appalti. Oggi se un’azienda dà in appalto un’attività ad un’altra e questa ad un’altra ancora, i committenti non sono responsabili in solido in caso di infortunio o di malattia professionale del lavoratore. Questo vuol dire che il lavoratore non può chiedere nessun risarcimento del danno alle imprese committenti. Il quesito vuole cancellare la norma che esclude questa responsabilità.
L’effetto della cancellazione sarebbe quello di rafforzare e ampliare la sicurezza sul lavoro, arginando la piaga degli infortuni mortali e di spingere i committenti a selezionare appaltatori adeguati.

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