Verità per Giulio Regeni

IL BUSINESS DELL’ ECONOMIA ILLEGALE

di Paolo Bonacini, giornalista

Tre anni di frodi fiscali, false fatturazioni, società cartiere, sfruttamento di lavoratori, operazioni finanziarie illecite, trasferimenti illegali di capitali e intestazioni fittizie. Con il cappello spesso della criminalità organizzata e delle mafie “fornitrici di servizi illeciti” che attirano nella rete imprese e cooperative desiderose di abbattere i costi e l’imponibile fiscale per aumentare i guadagni. O meglio ancora di guadagnare senza lavorare o produrre, semplicemente attraverso la truffa. I dati raccolti da dicembre 2018 ad oggi, attraverso le operazioni di repressione della Guardia di Finanza, gli interventi preventivi della Prefettura, le segnalazioni delle operazioni finanziarie sospette, dicono che la provincia di Reggio Emilia, e l’intera Emilia Romagna, restano un territorio con spaventosi tassi di illegalità.

Così come gli incendi dolosi, che accendono campanelli d’allarme sulle possibili intimidazioni e ritorsioni di stampo mafioso, i reati economici e societari offrono un quadro realistico delle distorsioni del mercato e della capacità di penetrazione di organizzazioni criminali vecchie e nuove. Con l’aggravante delle armi sempre pronte a sparare contro chi non si adegua. I carabinieri di Reggio Emilia ne hanno sequestrate 115 tra fucili, pistole e armi bianche nei primi sette mesi del 2021, assieme a 3492 munizioni, con 48 denunce e 9 arresti collegati. Più o meno nello stesso periodo l’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia ha analizzato 150mila imprese attive a novembre 2020 nel Paese, per segnalare le potenziali prossimità con la criminalità organizzata. Nel centro nord i flussi finanziari maggiormente sospetti si concentrano in quattro province: Roma, Milano, Brescia e appunto Reggio Emilia, dove le operazioni di riciclo del denaro sporco “sono raddoppiate rispetto agli anni precedenti”. La cartina dell’UIF mostra una “Reggio Emilia rossa” che nulla c’entra con l’alta percentuale di comunisti del secolo passato.

Nello stesso periodo (giugno 2020/2021) la Guardia di Finanza in regione ha segnalato 1097 imprese emiliano romagnole denunciate per reati fiscali, false fatture e contributi non versati ai dipendenti. Le operazioni di sospetto riciclaggio in Emilia Romagna sono state 7810 nell’arco di un anno: più di 21 al giorno, domeniche comprese. Sempre in regione la Guardia di Finanza ha sequestrato oltre 300 milioni di euro per riciclaggio di capitali illeciti e 100 milioni per evasione e truffe fiscali. A questi si sommano altri 600 milioni ancora oggetto di valutazione legale, per raggiungere la cifra tonda del miliardo di euro.

Reggio Emilia sale in cattedra specialmente nel campo delle frodi fiscali e della falsa fatturazione svelate dalle operazioni della Guardia di Finanza. Una maxi frode nell’edilizia e nei trasporti merci registra fatture per operazioni inesistenti di oltre 5 milioni di euro e personaggi coinvolti già indagati nelle inchieste antimafia Grimilde e Aemilia. L’operazione “Light off” nel settore dell’installazione di impianti idraulici scopre 9 società cartiere e fatture false per 6 milioni di euro a favore di imprese operanti tra Guastalla (RE), Parma, Vercelli, Milano e Brescia. L’operazione “Re Cleaning” mette sotto accusa dirigenti degli Enti Pubblici per bandi confezionati su misura, con ipotesi di corruzione e turbativa d’asta per un valore complessivo di 27 milioni. A Reggio Emilia il riciclaggio e il reimpiego di capitali superano i 15 milioni di euro e i reati fallimentari evidenziano patrimoni distratti per 73 milioni di euro, con 26 persone denunciate. L’operazione “Fuori tutto” si occupa di riciclaggio su conti esteri per 11 milioni di euro a beneficio di 35 società operanti a Reggio Emilia, Ravenna, Milano e Napoli. L’operazione “Billions” (chiesti 193 rinvii a giudizio) eguaglia per indagati il processo Aemilia e svela una sofisticata organizzazione criminale esperta in frodi fiscali, strutturata in cellule autonome con diramazioni in tutta Italia e con un volume d’affari che supera i 240 milioni di euro. Tra le ultime vicende l’operazione “Speed” della Guardia di Finanza di Bologna: 16 indagati e 11 società sequestrate tra l’Emilia Romagna, la Campania, la Lombardia e la Puglia, per un valore di 50 milioni di euro. L’associazione a delinquere, collegata alla criminalità campana e calabrese, aveva particolare esperienza nelle bancarotte fraudolente e tra i sequestri effettuati figurano 90 immobili e 634 veicoli e imbarcazioni (tipo una Ferrari F430 e un lussuoso yacht di 16 metri). Pochi giorni fa, il 17 novembre 2021, Guardia di Finanza e Carabinieri hanno denunciato sei persone che utilizzavano diverse srl e società cosiddette cartiere per emettere false fatture e frodare il fisco, con l’aiuto di tre studi di professionisti reggiani. 80 militari al lavoro per cercare denaro contante con l’aiuto dei cani e sequestrare documenti in autosaloni e imprese edili di Reggio Emilia e Parma. Ancora più recente, in questo inizio di dicembre, l’arresto a Reggio Emilia di Katia Bidognetti, figlia di Francesco detto “Cicciotto e Mezzanotte”, reggente indiscusso dell’omonimo clan camorristico. La donna di 39 anni era stata condannata a 6 anni di reclusione per le estorsioni messe in atto ai danni di diversi imprenditori campani e laziali.

Sul fronte del lavoro, nonostante il pesante calo occupazionale legato al lockdown, sono stati accertati in regione 716 lavoratori in “totale nero”. Nell’anno precedente ne erano emersi 127 nella sola provincia di Reggio Emilia. Nel 2018 l’inchiesta Paga Globale a Parma documenta società cartiere e false certificazioni mediche per frodare l’INPS: 26 indagati in otto province, con beni sequestrati per oltre due milioni di euro e il cuore della truffa che pulsava a Fidenza (PR), nell’azienda di un allora 53enne imprenditore di Salsomaggiore. Tra gli altri indagati c’è un imprenditore imputato nel processo di mafia Grimilde dove è definito “braccio destro” dei capi emiliani Sarcone e Diletto, con i quali minacciò secondo l’accusa di impiccare il gestore di un locale a Marina di Ravenna. Grazie a compiacenti medici, consulenti del lavoro e consulenti fiscali, venivano certificate finte malattie e finte crisi aziendali, per ottenere ammortizzatori sociali e abbattimento di imposte, con i dipendenti all’opera 40 ore settimanali e pagati in nero, anche se formalmente a casa per malattia. Nell’ottobre del 2020 l’operazione denominata Daunia porta alla luce un’imponente frode fiscale commessa da varie società operative in territorio emiliano. Aziende unite in un consorzio che forniva servizi nell’impiantistica industriale a prezzi altamente competitivi grazie agli illeciti risparmi fiscali. Il giro di operazioni inesistenti accertato è di 30 milioni di euro con evasione di tributi per 8 milioni. Qui i lavoratori erano assunti in società che morivano e nascevano con un turnover di 3 o 4 anni, senza alcuna garanzia sul futuro. Erano comunque dei signori se paragonati agli extracomunitari sfruttati in Romagna nelle attività dell’agrozootecnia. Nel giugno 2020 la Squadra Mobile di Forlì scopre 45 clandestini pachistani e afgani, in gran parte richiedenti asilo, che lavorano per aziende agricole distribuite tra Forlì, Rimini e Ravenna. A gestire la loro vita erano quattro “caporali” poi arrestati che avevano la base operativa in un casolare del comune di Bagnara (RA). Quelle 45 persone, reclutate e portate via nei centri di accoglienza, raccoglievano frutta e verdura con turni settimanali dalle 60 alle 80 ore, con una paga media di 250 euro al mese, dai quali andavano però sottratti circa 200 euro che ogni lavoratore doveva pagare ai caporali per il vitto e l’alloggio in un tugurio fatiscente. Un furgone li caricava il mattino portandoli al lavoro e li scaricava la sera al rientro, senza nessuna possibilità di vita sociale. Sopra un altro furgone viaggiavano 13 africani finiti nella scarpata dopo un incidente alla fine del 2017 nei pressi di Ferrara. Uno di loro morì e il processo iniziato quest’anno documenta che tutti facevano parte dell’esercito di 148 lavoratori in nero e 232 irregolari assoldati da tre cooperative venete per compiere attività in subappalto (la bonifica di un allevamento colpito da influenza aviaria) per conto della cooperativa del Bidente, in provincia di Forlì Cesena. La cooperativa era stata selezionata con bando pubblico da Intercent, l’agenzia della regione Emilia Romagna che ha il compito di “razionalizzare e semplificare la spesa per beni e servizi”. Sei persone sono state rinviate a giudizio per caporalato estremo.

Il mondo delle mafie è sempre dietro l’angolo in molte di queste vicende e decine di soggetti indagati figurano anche nelle cronache delle grandi inchieste di ‘ndrangheta del nord: Aemilia, Grimilde, Camaleonte. La nuova frontiera della criminalità organizzata è l’ibridazione tra organizzazioni semplici e organizzazioni mafiose, che si nutrono della domanda di soluzioni illecite provenienti dal territorio. Una domanda testimoniata anche dai dati dell’azione preventiva sviluppata dalla Prefetture. A Reggio Emilia il lavoro energico del prefetto Iolanda Rolli, che ricorda quello ormai storico dell’allora prefetto Antonella de Miro nel contrasto alla ‘ndrangheta, porta in questo 2021 a 36 il numero delle interdittive antimafia firmate: 3 al mese di media, più del doppio dello scorso anno. La crisi legata al Covid e l’arrivo dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa impongono la massima attenzione nella prevenzione delle possibili infiltrazioni mafiose. I 400 denunciati e i 130 arrestati per reati societari, negli ultimi 24 mesi a Reggio Emilia, anche.

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