Riflessioni sulla scuola al tempo del covid-19
IL CONTESTO DI RIFERIMENTO
Da circa due mesi la scuola italiana vive una intensa, travagliata fase di passaggio.
Tutto è scaturito dalla necessità di contrastare l’epidemia di Coronavirus che si è manifestata nel paese a partire dal mese di febbraio 2020. Una prima settimana, quella dal 24 febbraio al 2 marzo, ha sancito la chiusura totale dei servizi scolastici di ogni ordine e grado; in seguito, si è proceduto con la formula di “sospensione delle attività didattiche” in presenza, che ha com- portato l’effettiva continuità – anche se a personale ridotto- nell’erogazione dei servizi scolasti- ci di segreteria, pulizia e amministrazione, mentre sotto il profilo didattico vi è stato l’immedia- to, brusco, passaggio alla cosiddetta “DAD”: didattica a distanza.
LA REAZIONE PROPOSITIVA DEL MONDO SCOLASTICO
Come registrato sul “Manifesto per una didattica inclusiva” pubblicato in questi giorni, l’impe- gno spontaneo e altrettanto immediato di tanti docenti di ogni ordine scolastico non ha tardato a sprigionarsi: tanti di noi, pur nella confusione e nell’assenza pressoché totale di norme da seguire, si è armato di buona volontà e ha fatto ricorso alle proprie risorse, sia in termini materiali che a livello di preparazione e dedizione, per fronteggiare al meglio l’emergenza relazionale ancor prima che didattica e formativa.
Ogni insegnante, si è rimboccato le maniche e, molto spesso, con i PROPRI strumenti e le PROPRIE RISORSE si è attivato per “fare del suo meglio” per i suoi ragazzi.
Alcune scuole, in modo tempestivo, hanno messo i docenti in condizioni di poter attivare nuove modalità di comunicazione e di relazione, di sperimentare nuovi mezzzi, in precedenza mai messi in campo, per creare i presupposti della DAD. Ma la possibilità di accedere alle piatta- forme, di connettersi, è rimasta sempre legata alla disponibilità di device personali, di compe- tenze da costruire in emergenza.
Il nostro pensiero è in tal senso rivolto ai colleghi fuori sede, ai precari e agli educatori, che hanno lottato e fatto sacrifici ancora più significativi perché portati avanti senza la vicinanza della famiglia o nell’incertezza più assoluta del futuro; ai colleghi che con il digitale non aveva- no confidenza ma si sono cimentati dall’oggi al domani, spinti da un desiderio di imparare che caratterizza la nostra professionalità più completa; al personale scolastico intero, che ha forni-
to il proprio importante contributo affinché la scuola e alcuni dei suoi servizi fondamentali continuassero ad essere garantiti – perché scuola è “presidio di democrazia” costituzionalmen- te sancito.
Ciascuno si è prodigato innanzitutto per rintracciare ogni studente, per recuperare piccoli, pre- ziosi frammenti di quella relazione umana che in una dimensione scolastica normale costitui- sce il cuore del dialogo educativo, l’essenza del nostro reciproco crescere, per non finire mai di imparare.
Abbiamo cercato in ogni modo di avvicinarci a tutti, per ricostruire un luogo virtuale che esiste nel nostro essere comunità scolastica, nel nostro ascoltarci e viverci.
Scuola online non equivale a scuola in presenza
Ovviamente non riavremo mai, in modalità “online”, qualcosa che possa avvicinarsi a ciò che la scuola solitamente è: la scuola “a distanza”, pur preziosa di questi tempi, non sarà mai la scuola in presenza. Questo è bene ribadirlo con forza.
E’ un surrogato che stiamo cercando di utilizzare al massimo delle sue potenzialità, coscienti delle necessarie, fondamentali competenze e della costante mediazione a noi richiesti, volen- do cogliere le opportunità di crescita che in esso risiedono.
Continueremo ad usare i mezzi digitali, al nostro rientro a scuola, certo, e probabilmente ne sapremo fare un migliore, più consapevole utilizzo. Un utilizzo mediato, più ragionato e finaliz- zato all’inclusione.
Tuttavia, se un messaggio possiamo trarre da questo momento così delicato nella vita di tutti – così complesso nell’esercizio della nostra professionalità – è quello che “tecnologia è impor- tante, ma non è tutto”. Occorre innanzitutto la relazione del quotidiano.
UNA DIFFICILE INCLUSIONE. NOTIZIE DA UN ISTITUTO PROFESSIONALE
Qualche studente è stato perso, in questi mesi. Pochi, per fortuna, ma è successo.
Ne abbiamo probabilmente vissuto in prima persona il dispiacere, come Valentina Sassi, coor- dinatrice di una classe prima professionale, che ci ricorda che l’Istruzione Professionale è il luogo in cui la fragilità si manifesta spesso nei termini di una mancanza totale di impegno scolastico, di indisciplina, di non volontà di sottostare alle regole comuni.
“Ce l’ho messa tutta, credetemi, e l’ho fatto con le mie risorse di tempo, di lavoro extra, di strumenti: telefonate, email, messaggi ai genitori.
Non mi sono, non ci siamo risparmiati. Abbiamo supportato i nostri studenti spesso ben al di fuori dei nostri doveri. Questo è accaduto innanzitutto perché teniamo a loro.
La scuola si è attivata, poi, (anche se con i tempi lunghi della scuola italiana), per fornire qualche ausilio (pc, tablet, connessione); per individuare, attraverso i docenti e gli educatori, ogni singola esigenza particolare.
Eppure i più deboli, i ragazzi provenienti dai contesti più difficili, più svantaggiati – proprio coloro che ne hanno più bisogno, sono spesso mancati al quotidiano appello del “fare scuola” in tempi di Coronavirus.”
Proprio questo è il rischio di una “DAD” che non può essere assimilata alla scuola in presenza: chi può e ne ha gli strumenti, le possibilità, gli spazi, ne usufruisce in modo da trarne il massi- mo; chi invece non ne ha gli strumenti (o li deve condividere, come spesso accade, con i fami- liari), oppure non ha a disposizione spazi adeguati, o ancora competenze adeguate (come gli studenti stranieri appena arrivati in Italia) per un motivo o per un altro non vi si può accostare con successo.
L’esperienza di Valentina accresce la nostra consapevolezza della necessità di creare, qualora l’emerenza dovesse protrarsi nel nuovo anno, le migliori condizioni per una parità di accesso agli strumenti della DAD, e di rivendicare il diritto degli studenti, degli insegnanti e del perso- nale tutto della scuola ad una strumentazione, tecnica e culturale, adeguata a dar vita ad un ambiente di apprendimento che, pur non ottimale, possa avvicinarsi alla relazione educativa in presenza.
UNA SCUOLA DISTANTE, UNA SCUOLA PESANTE. NOTIZIE DALLA SCUOLA PRIMARIA
Questo nuovo contesto globale che ci ha costretto a modificare radicalmente la nostra didatti- ca, nella scuola primaria ha naturalmente avuto effetti su tutte le componenti del processo di insegnamento-apprendimento.
“Le ha modificate profondamente costringendo ogni insegnante a rivedere in chiave funzionalistica e digitale tutto il suo percorso progettato a inizio anno per gli alunni. Sono cam- biate le situazioni, gli strumenti e, anche se gli attori sono bene o male rimasti gli stessi, la relazione è profondamente mutata.
Questo vale in generale, ma ancora di più per bambini speciali che hanno bisogni ed esigenze particolari, nonché per le loro famiglie che si trovano a doversi destreggiare in una nuova quotidianità, fatta di tempi più dilatati, di mancanza di terapie e di sostegni clinici.”
La voce di Elisa Malaguti, docente di sostegno ala scuola primaria, ci fornisce importanti spun- ti di riflessione.
“In questa nuova didattica a distanza occorre pertanto, a mio parere, stabilire quanto prima possibile, un nuovo canale per favorire la comunicazione e la relazione scuola-famiglia. Questo per due motivi: da un lato per poter accompagnare e indirizzare i genitori nei meandri di nuovi strumenti tecnologici, guidandoli passo passo nell’alfabetizzazione digitale, senza perdere l’en- tusiasmo. Dall’altro per tenere vivo il legame di fiducia e di collaborazione su cui si fonda implicitamente il patto scolastico che sostiene e fa crescere l’alunno.
Sostenere la relazione per me significa mantenere contatti quasi quotidiani con la madre o il padre dell’alunno, contatti fatti di telefonate, messaggi scritti e vocali, passaggi di materiali tramite la Scuola. Un contatto quotidiano permette infatti di monitorare l’andamento delle consegne (che vengono caricate sulle piattaforme digitali in modo mirato, con compiti individualizzati), di „correggere il tiro“ , di integrare, alleggerire o approfondire in modo diver- so un argomento, non potendo io stessa avere un feed back diretto e puntuale dall’alunno. Significa anche correggere gli elaborati tempestivamente, assegnando voti e giudizi e cercan- do di mantenere alta la motivazione con incoraggiamenti scritti.
Tutto ciò, naturalmente, non può bastare ed occorre una revisione degli obiettivi che si erano fissati a inizio anno e che devono essere modulati alla contingenza.
Se questo è il mio punto di vista da docente di sostegno che opera da anni nella Scuola Prima- ria, altre domande e altri dubbi affiorano prepotentemente, forse dovuti al mio impegno come RSU d’Istituto. Sorvolo per ora sul gap didattico che investe con forza tutti gli attori più deboli di questa drammatica situazione; mi riferisco non solo a bimbi stranieri, che come piccoli fanta- smi tendono a scomparire dentro ai giorni che si susseguono, ma anche tutti quegli alunni che la scuola aveva pescato con grande fatica, lanciando un salvagente nel mare magum del tram tram quotidiano. Bambini nomadi che vengono letteralmente persi, alunni cinesi di cui non si hanno più informazioni (degni forse di una puntata di “Chi l’ha visto?”), ma anche alunni fragili, soli, disagiati; insomma tutti quelli per cui la SCUOLA ERA ED È UN ALTRO MONDO. Un mondo di riscatto e di nuova esistenza.”
LA SCUOLA POSSIBILE. L’ESPERIENZE DALLA SCUOLA DELL’INFANZIA
Di grande interesse e incisività (in assenza al momento attuale della pianificazione costruttiva di azioni concrete e condivise) le testimonianze di colleghe che vivono altre situazioni scolasti- che, come quella di Silvia Mastronardi.
La sua lettera mette in luce una realtà che ci porta alla mente numerosi interrogativi che il sindacato tutto dovrebbe trovare il modo che le istituzioni se ne facciano carico.
Come rendere applicabili in tale contesto scolastico le norme igienico-organizzative (lavaggio frequente mani, non toccarsi il volto, mantenere la distanza) con bambini piccoli che necessi- tano di frequente contatto fisico? Strutture, aule, spazi inoltre non risultano nella maggioranza dei casi adeguati alle nuove esigenze.
Il personale scolastico e ausiliario si trova già da ora, talvolta, a fronteggiare situazioni di difficoltà nel gestire i bambini e i loro bisogni al meglio – figurarsi in un ipotetico scenario di riapertura a settembre alle condizioni attuali.
CAMBIARE INSIEME
Bisogna essere consapevoli del fatto che la scuola non sarà probabilmente mai più quella di prima. Questo potrebbe anche, sotto certi aspetti, rivelarsi un bene: abbiamo l’opportunità di approfittare del momento di isolamento forzato per imparare dagli errori fatti ed elaborare piani migliorativi per il futuro.
Cogliamo questa opportunità non solo “in teoria”, ma anche e soprattutto “in pratica”. Mettia- moci a lavorare adesso, insieme – istituzioni nazionali e locali, sindacati dei lavoratori e asso- ciazioni, chiunque sia disponibile ad un contributo, per ricostruire la scuola del futuro.
Approfittiamo una volta per tutte di questo pur difficile momento di transizione e diamo alla scuola il valore centrale che essa merita; poniamo finalmente in atto strategie a lungo termine (anziché le solite “toppe” che non fanno altro che aumentare disagio e problemi), rendiamo gli spazi più sicuri ed adeguati per un apprendimento sereno e (anche) per nuove necessità fisiche
ed igieniche.
Ribadiamo la necessità, per garantire agli studenti il pieno godimento del loro diritto all’istru- zione, indipendentemente dalle loro condizioni socioeconomiche e familiari, di garantire un pieno accesso agli strumenti che rendono possibile la creazione di un ambiente di apprendi- mento virtuale alternativo a quello in presenza, che per noi rimane il migliore contesto per la piena espressione della6 relazione educativa. L’accesso agli strumenti tecnici e culturali è inoltre basilare per i docenti, per la salvaguardia della libertà di insegnamento e della possibi- lità di un insegnamento e di un apprendimento effiicaci, e per il personale ATA, a cui compete il delicato compito, anche a distanza, di salvaguardare il contesto in cui la didattica si esprime e si dipana. Per dare corpo, anche a distanza, alla comunità educante, tutti gli abitanti della scuola devono essere tutelati nella loro professionalità.
Con la DAD e lo smart working, ad esempio, tanto i docenti quanto il personale ATA hanno progressivamente perduto il diritto alla disconnessione. Mancando un setting lavorativo ben definito (il nostro monte-ore settimanale) il docente si trova a vivere una dimensione simbiotica con il pc, con un susseguirsi di video-lezioni, di compiti da correggere, di chat d’istituto sulle più svariate piattaforme di e-learnig. Lo stesso vale per gli amministrativi costantemente a disposizione.
Inoltre i costi che la didattica a distanza e lo smart working comportano, tra ADSL, software, antivirus, sono ricaduti interamente sui docenti e sul personale ATA, che oltre al costo psicofisico della situazione, si ritrovano a sostenere anche oneri di natura economica.
L’emergenza COVID ha aperto un nuovo fronte di discussione e dibattito, su cui la contrattazio- ne sindacale, a tutti i livelli, dovrà intervenire. Il contratto dei dipendenti della scuola, in prospetttiva, dovrà recepire questi cambiamenti e modellare nuove opportunità e tutele a par- tire dalla voce dei lavoratori che, in questa inedita situazione, in questa fase storica che ci ha segnati profondamente, hanno dispiegato la loro professionalità e la loro etica per la sopravvi- venza delle rete sociale e culturale che l’educazione incarna.
Non ultimo, occorrerà dotarsi del personale necessario per un servizio qualificato: assumiamo tutti i precari di cui la scuola ha bisogno (e che mandano avanti le attività da anni), perché si possa lavorare in tranquillità e al sicuro, sentendosi adeguatamente supportati.
Ordine del giorno Direttivo Flc Cgil Reggio Emilia
29/04/2020