di Paolo Bonacini, giornalista
“Dove c’è mafia non può esserci sindacato”. E’ il messaggio che lanciano CGIL CISL e UIL dell’Emilia Romagna nel giorno in cui si apre a Bologna, all’interno dell’aula buker del carcere della Dozza, il processo d’appello agli uomini della ‘ndrangheta condannati ad oltre 1200 anni di reclusione dal primo grado di Reggio Emilia. Il riassunto ad oggi di questa storia è contenuto nelle righe di un comunicato che le tre organizzazioni sindacali hanno diffuso all’avvio delle udienze: “L’indagine prima, ed i processi poi, hanno messo in luce la portata enorme dell’azione messa in atto da un’associazione ‘ndranghetista che si è radicata in numerosi settori dell’economia, in grado di penetrare la società, tale da produrre una profonda alterazione che non ha risparmiato il tessuto democratico di questa regione. Il lavoro ha rappresentato una componente fondamentale del disegno criminoso messo in atto. Il suo sfruttamento, e la conseguente negazione dei diritti, hanno avuto un ruolo essenziale nei meccanismi di accumulazione e arricchimento della ‘ndrangheta. Sono emerse situazioni, di portata anche drammatica, che hanno messo in evidenza le modalità di assoggettamento di tante persone alle regole mafiose. Una condizione grave e pervasiva che ha trovato un argine fondamentale nell’azione messa in campo dalla magistratura e dalle forze dell’ordine. Ma a risultare fondamentale è stata anche la risposta delle forze sociali – sindacato, associazionismo antimafia – e delle stesse istituzioni locali che hanno saputo reagire per contrastare le mafie in questa regione”.
Alle 9,30 di giovedì 13 febbraio è iniziato l’appello, e sui banchi delle parti civili c’erano anche i tre segretario generali Luigi Giove, Filippo Pieri e Giuliano Zignani a testimoniare la continuità della risposta collettiva all’azione mafiosa. In questa prima udienza la corte presieduta da Alberto Pederiali, con Maurizio Passarini e Giuditta Silvestrini giudici a latere, ha fatto l’elenco dei 24 imputati già condannati nel rito abbreviato di Reggio Emilia e che hanno fatto ricorso in appello. La settimana prossima, mercoledì 19 febbraio, si aprirà il dibattimento per i circa 120 condannati del rito ordinario. Poi dal giorno successivo i due rami del processo verranno unificati e si procederà a ritmo serrato, con udienze già fissate almeno fino a giugno. La Procura Generale ha schierato in prima fila i tre magistrati che sosterranno l’accusa: Luciana Cicerchia, Lucia Musti, Valter Giovannini, e all’apertura della seduta ha presenziato anche il sostituto procuratore Beatrice Ronchi per ora impegnata nel processo reggiano sugli omicidi di mafia del 1992. I banchi della Dozza erano gremiti di avvocati difensori e di rappresentanti delle parti civili (30 in tutto) tra le quali sono presenti anche molti Comuni reggiani e modenesi, le province emiliane di Parma, Reggio e Modena, la regione Emilia Romagna. Dei 24 imputati pochi erano dietro le sbarre in aula, per il semplice motivo che pochi di loro sono detenuti nel carcere bolognese. Gli altri hanno partecipato in video conferenza dalle rispettive case circondariali sparse per tutta Italia, mentre gli unici tre imputati agli arresti domiciliari (Alfonso Paolini e i due collaboratori di giustizia Antonio Valerio e Salvatore Muto) hanno rinunciato alla presenza. Fatto l’appello e superati alcuni problemi tecnici nei collegamenti audio, la seduta di carattere tecnico si è dilungata sulla scelta delle modalità di svolgimento delle udienze, con due alternative sulle quali saranno le prossime due udienze a sciogliere le riserve: o si andrà in ordine alfabetico nella trattazione dei singoli casi, estraendo una lettera a sorte, o verranno raggruppati in singole udienze tipologie di reato e relativi imputati per snellire le procedure e limitare l’affollamento in aula. Le opinioni per ora divergono.
Sul finire dell’udienza, a mezzogiorno circa, il primo colpo di scena che lascia presagire un confronto in aula piuttosto vivace tra le parti. L’avvocato Gregorio Viscomi, difensore di Pasquale Brescia (16 anni la condanna in primo grado/abbreviato, più 6 anni e 9 mesi in ordinario), chiede al presidente Pederiali l’autorizzazione ad ottenere dal proprio assistito una procura speciale per l’eventuale formalizzazione di una istanza di ricusazione riferita ad un membro del collegio giudicante. Tradotto per i non addetti ai lavori, l’avvocato Viscomi spiega che la dottoressa Giuditta Silvestrini, giudice di questa Corte d’Appello, potrebbe non essere “terzo ed imparziale” avendo già fatto parte del collegio che in appello ha giudicato colpevole di minacce lo stesso Pasquale Brescia per la famosa lettera minatoria inviata nel 2016 al sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi. Quella sentenza dell’aprile 2019 sovvertì la prima sentenza di assoluzione e uno dei motivi, secondo l’avvocato Viscomi, fu l’aver preso atto della condanna di primo grado di Pasquale Brescia nel processo Aemilia. Lo stesso processo che oggi in appello potrebbe portare in teoria all’assoluzione per l’imputato.
E’ la prima scintilla del processo, ma siamo anche solo alla prima udienza.
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